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Nuove regole per vendita diretta da parte di imprese agricole

La Legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 700, Legge 145/2018) ha introdotto nuove regole per la gestione degli spacci aziendali. Tecnicamente si è operato introducendo il comma 1bis all’articolo 4 del Dlgs 288/2001 (la legge di orientamento agricolo). Affrontiamo il tema in quanto oggetto di una circolare Inps (n. 76 del 22-5-2019).

Categorie: Normativa

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Il comma 1 del citato articolo 4 prevede che gli imprenditori agricoli, singoli o associati possono vendere direttamente al dettaglio i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende. Questo comma implicitamente consente l’acquisto sul mercato di prodotti purché in modo non prevalente. Fino ad oggi la prevalenza è sempre stata misurata in relazione alla quantità di prodotto commercializzato o manipolato o trasformato. Il riferimento è ancora attuale per quanto riguarda la qualificazione dell’impresa agricola. Per completezza ricordiamo che il successivo comma 8 prevede un limite agli acquisti sul mercato (160.000 euro per le imprese individuali e 4 milioni per le società). Le imprese, superato questo limite (si tratta però di una fattispecie assai rara), dovranno dotarsi di licenza commerciale.

Il nuovo comma 1bis (in vigore dall’1-1-2019) prevede che i prodotti appartenenti a comparti agronomici diversi da quelli dei prodotti dall’azienda agricola devono essere direttamente acquistati da altri imprenditori agricoli e che il fatturato derivante dalla vendita dei prodotti aziendali deve essere prevalente. Da questo dovrebbe derivare che è possibile acquistare prodotti sul mercato anche da imprese non agricole, se questi prodotti sono dello stesso comparto agronomico. Il concetto di prevalenza, invece, diventa economico (il fatturato) e non quantitativo. Ricordiamo anche che il parametro “quantitativo” confronta l’intero conferimento dei soci con gli acquisti da terzi, mentre quello economico è riferito alla sola vendita diretta.

La circolare Inps fornisce alcuni chiarimenti sul tema, non sempre condivisibili. 

La prima è una questione di fondo. L’articolo 4 del Dlgs 228 disciplina le attività di vendita delle imprese agricole, ma non definisce i requisiti delle stesse. La definizione di imprenditore agricolo è infatti contenuta nell’articolo 2135 cc (come modificato dall’articolo 1 comma 1 del Dlgs 228 e dal successivo comma 2). L’Inps invece fa una analogia tra i requisiti per poter avere la vendita diretta senza licenza commerciale e quelli per essere impresa agricola. La natura della norma non richiederebbe infatti alcun intervento da parte dell’Istituto considerato che l’impianto originario della legge sulla natura agricola dell’impresa non è stato modificato. La seconda questione non condivisibile riguarda la definizione di imprenditore agricolo: l’Istituto prende in considerazione solo l’articolo 2135 e non il citato comma 2 che prevede invece in modo specifico l’inquadramento agricolo per le cooperative che commercializzano prodotti

La circolare sembra attribuire alla modifica legislativa in esame la possibilità che i prodotti destinati alla vendita possano anche appartenere ad uno o più comparti agronomici diversi da quelli dei prodotti della propria azienda ovvero che i prodotti oggetto della vendita al dettaglio possono essere diversi da quelli provenienti dalle colture e/o allevamenti di animali normalmente e ordinariamente praticati dai produttori presso le proprie aziende e, pertanto, acquistati sul mercato. Questa possibilità è però sempre esistita: l’articolo 4 comma 1 del Dlgs 228 si riferisce esplicitamente a prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende.

La circolare richiama quindi la doppia condizione contenuta nel comma 1bis per considerare la vendita diretta: che i prodotti destinati alla rivendita al dettaglio siano direttamente acquistati da altri imprenditori agricoli e che la prevalenza sia misurata sul fatturato. Un passaggio della circolare sembra riferire queste condizioni alla generalità dei prodotti e non soltanto a quelli di settori diversi, ma riteniamo che si tratti soltanto di una imprecisione linguistica. La circolare precisa inoltre che gli acquisiti devono avvenire senza intermediazione commerciale e quindi direttamente tra due imprenditori agricoli. Rispetto al concetto di prevalenza si ribadisce semplicemente il dettato di legge e cioè che il riferimento è al solo fatturato di prodotti acquistati da altri imprenditori agricoli. Quindi se la quantità di prodotti acquistati è maggiore, ma il fatturato dei prodotti propri è superiore a quelli acquistati, la condizione è comunque rispettata.

Il paragrafo 3 della circolare (Riflessi sull’inquadramento previdenziale) precisa che, con l’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 700, della legge n. 145/2018, l’attività di vendita al dettaglio di prodotti agricoli e alimentari da parte degli imprenditori agricoli, singoli o associati, con la specificazione ed alle condizioni di cui al precedente paragrafo 2, non fa venire meno i requisiti per la definizione agricola dell’azienda. Ribadiamo che la Legge 145 non ha modificato i requisiti per essere considerati imprenditori agricoli.

Dopo aver richiamato gli imprenditori singoli e associati, si afferma che le aziende che svolgono, unitamente all’attività di coltivazione del fondo, della selvicoltura e dell’allevamento di animali, l’attività di vendita al dettaglio di prodotti propri e non propri, alle condizioni descritte, continueranno ad essere assoggettate a contribuzione agricola unificata.

Sono qui da segnalare due questioni: da una parte ci si riferisce soltanto alle attività di produzione ignorando le imprese agricole di commercializzazione, manipolazione e trasformazione e dall’altra legando al rispetto delle nuove disposizioni l’inquadramento agricolo dell’attività di vendita. L’ultimo paragrafo della circolare sulle modalità operative è altrettanto poco condivisibile. Lo riportiamo integralmente:

4. Modalità di compilazione del modello D.A.

In relazione alla novità normativa introdotta dall’articolo 1, comma 700, della legge n. 145/2018, si illustra di seguito la modalità di compilazione della Denuncia Aziendale (D.A.), relativamente ai campi che interessano tale casistica. 

Considerato che l’attività di vendita al dettaglio dei prodotti agricoli e alimentari deve essere svolta, secondo il dettato normativo, da soggetti che esercitano come attività principale quella di produzione agricola, potranno essere considerate tali le aziende tenute alla compilazione dei quadri F, G, H (terreni, allevamenti e macchine agricole) della D.A. Per ciò che attiene alla compilazione del campo relativo al fabbisogno aziendale, nel quadro E del modello D.A., si evidenzia che nella quantificazione delle giornate lavorative previste vanno indicate quelle occorrenti per la coltivazione e l’allevamento e non sono ricomprese quelle relative all’attività di vendita al dettaglio. Queste ultime sono invece inserite nel campo “NOTE” del modello D.A.

Il fatto di consentire la vendita al dettaglio dei prodotti agricoli e alimentari rimanendo in ambito agricolo soltanto alle aziende tenute alla compilazione dei quadri F, G, H (terreni, allevamenti e macchine agricole) della D.A. non è condivisibile anche se in linea con l’intera impostazione della circolare.

Si tratta di una interpretazione che non tiene in debita considerazione le imprese che, pur avendo lo status di imprenditore agricolo, non svolgono attività primaria  (come ad esempio le cooperative di cui all’articolo 1, comma 2, del Dlgs 228/2001, le cooperative di cui alla Legge 240/1984, le società a responsabilità limitata di cui all’articolo 1, comma 1094, della legge 296/2006) che, svolgendo legittimamente attività di vendita diretta ai sensi della disposizione in commento come imprese agricole associate, potrebbero non essere in grado compilare i quadri indicati.

A onor del vero le imprese a volte compilano il quadro F con riferimento ai terreni sui quali insiste lo stabilimento di produzione, ma non è una soluzione che lascia tranquilli (alcune sedi Inps hanno dato indicazioni in questo senso nell’autunno 2018 nella fase di revisione delle denunce aziendali). Come si vede la situazione è piuttosto complessa. Crea meno preoccupazioni se la circolare si considera indirizzata alle imprese agricole di produzione primaria (e non alle cooperative di commercializzazione, manipolazione, trasformazione) con riferimento al solo comma 1bis (imprese che commercializzano anche prodotti di altri settori merceologici). L’estensione a tutte le situazioni di vendita diretta sarebbe non condivisibile e accettabile.

A nostro avviso la posizione che attualmente sembra derivare dalla lettura dell'art. 4 del Dlgs 228/2001 è la seguente:

  • comma 1: se l'imprenditore agricolo opera nel proprio settore merceologico, può comprare beni da chi vuole (agricoltore o no) col limite del comma 8 (160.000 euro o 4 milioni a seconda della natura individuale o societaria), superato il quale (fattispecie assai rara) dovrà dotarsi di licenza commerciale;
  • comma 1bis: se l'imprenditore opera fuori dal proprio settore merceologico può comprare beni agricoli e agro-alimentari solo da imprenditori agricoli (anche cooperative), col solo limite quantitativo del comma 8. L'acquisto da non agricoltori in settori merceologici diversi dal proprio o di prodotti non agricoli o agroalimentari comporta la necessità di dotarsi di licenza commerciale e potrebbe comportare, leggendo la circolare INPS, l'uscita dei dipendenti dall'inquadramento agricolo (anche se su quest’ultima affermazione ci sono forti perplessità).

Se da un punto di vista di diritto riteniamo che l’estensione delle posizioni dell’Inps sarebbe contrastabile, dall’altra non possiamo nasconderci che questa azione potrebbe non fermarsi ai livelli amministrativi. 

Per questo motivo Confcooperative e Fedagri stanno operando nei confronti dell’Istituto per ottenere un chiarimento.

 

 

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